martedì 25 agosto 2009

Un Miller d'annata... semplicemente grandioso!


Bazzicando per una biblioteca in cerca di letture interessanti (ricerca che ha fruttato anche il bellissimo Il gioco di Ender) mi sono trovato davanti questo volume a fumetti, nella vecchia edizione Rizzoli. Essendo un fan abbastanza sfegatato di Frank Miller, l'ormai celeberrimo autore di Sin City e 300, non potevo che prendere subito in prestito questo Ronin, una delle opere storiche del fumettista americano, che - mea culpa - non avevo ancora letto. Si tratta di una miniserie cyberpunk in sei parti uscita per la DC Comics tra il 1983 e il 1984. Il Miller che qui vediamo all'opera è reduce dai grandi successi marvelliani del suo memorabile primo ciclo di Daredevil e delle miniserie Wolverine scritta da Chris Claremont. Manca ancora qualche anno a Il ritorno del Cavaliere Oscuro, pietra miliare del fumetto americano e non, storia epocale per quanto riguarda il personaggio di Batman e, per il sottoscritto, il capolavoro assoluto del buon Frank. Diciamo che Ronin, dal punto di vista grafico e narrativo, si pone a metà strada tra queste due fasi della produzione di Miller: i disegni sono decisamente più sperimentali e stilizzati rispetto al periodo Marvel e il peculiare tratto tipico della suddetta saga dell'Uomo Pipistrello si sta già sviluppando, con notevoli soluzioni grafiche. Ma quello che colpisce di più è il modo in cui Miller suddivide la pagina, scandisce l'azione vignetta per vignetta, crea un ritmo frenetico e coinvolgente al massimo. Il tratto dunque evolve, mentre la geniale abilità narrativa di Miller, maestro della scansione dinamica della tavola, arriva a livelli superiori a quanto già visto nelle opere precedenti. Abbondano i duelli con le katane, i combattimenti feroci e dinamici, insomma quanto già visto per esempio nella miniserie su Wolverine dell'82 - ma con un impatto visivo ancora maggiore. Ed è proprio in Ronin che Miller inizia ad andare oltre la narrazione tipica dei comics americani, a favore di tavole dettagliatissime e suddivise in piccole vignette che si alternano a epiche splash page e addirittura enormi tavole panoramiche (il volume contiene perfino una splash page quadrupla, ovviamente pieghevole), il tutto con un gusto narrativo che deve molto ai manga. In effetti l'Oriente è da sempre presente nei suoi fumetti, già a partire dal suo Devil dove le arti marziali diventano un elemento fondamentale (con personaggi come Elektra, Stick, i ninja della Mano, Bullseye). E guarda caso la vicenda di Ronin inizia nel Giappone feudale del XII secolo, prima di spostarsi in un prossimo futuro "ovviamente" violento e distopico.
Un fumetto cyberpunk, dunque: proprio in quegli anni il movimento fantascientifico capeggiato da William Gibson si stava imponendo sulla scena letteraria e cinematografica (non dimentichiamo lo splendido Blade Runner). Eppure Miller va oltre le convenzioni del genere, inserendovi come "elemento di disturbo" un personaggio che sembra spuntato direttamente da un film di Kurosawa. L'ambientazione è New York City e l'anno potrebbe essere il 2030 o giù di lì; la città è un luogo devastato, violento e pericoloso, dove brutali gang opprimono i poveri cittadini e gruppi di selvaggi vagano in cerca di cibo, mentre le fogne sono la casa di orrendi mutanti cannibali simili a zombi. Al centro della città, però, sorge il gigantesco complesso chiamato Aquarius, dove un esercito di scienziati lavora (e ci mancherebbe altro) alla realizzazione delle sorti magnifiche e progressive dell'umanità: il mondo è in crisi e gli idealisti creatori del complesso vorrebbero risollevare la civiltà dalla polvere. Aquarius è gestito da Virgo, un'intelligenza artificiale che si manifesta con il volto di una benevola vecchietta. Virgo gestisce buona parte delle funzioni della struttura, basata sui biocircuiti ideati dallo scienziato Peter McKenna. Questa tecnologia (graficamente un altro fiore all'occhiello dell'opera) crea nuove frontiere per la scienza e giocherà un ruolo importante nella vicenda. Un altro elemento chiave è Billy, un ragazzo nato senza gambe e braccia che però possiede grandi capacità telecinetiche che i capi di Aquarius sfruttano per le loro ricerche sui biocircuiti e gli arti bionici. Billy ha un legame particolare con Virgo ed è innamorato di Casey, moglie di McKenna e capo della sicurezza del complesso. Ed è proprio Billy che inizia ad avere visioni legate al Giappone: infatti il volume si apre con una sua visione dell'anonimo samurai protagonista della vicenda, il quale perde il suo amato padrone Ozaki, ucciso dal demone Agat. Il giovane samurai giura vendetta e diventa un ronin, un guerriero senza padrone, che per molti anni combatte e si allena per poter infine affrontare il demone. Alla fine vediamo, sempre attraverso Billy, il ronin che riesce a sconfiggere Agat, morendo però anche lui in un attacco suicida. A questo punto scopriamo che le loro anime sono rimaste nel mondo, intrappolate nella spada di Ozaki che li ha uccisi entrambi, e ora il ronin si è incarnato nel corpo dello stesso Billy, mentre Agat si avvicina per distruggere il suo eterno nemico. Lo scontro avrà conseguenze impreviste: Billy inizia a trasformarsi nel guerriero giapponese e, aiutato da Virgo, si crea degli arti bionici con la tecnologia di Acquarius. In questo modo il ronin assume di nuovo una forma fisica... e inizia la sua avventura in un mondo completamente diverso, mentre il maligno Agat prende il posto del direttore di Aquarius, Mr. Taggart.
Già dalle prime pagine si capisce che la storia è piuttosto particolare, specie per l'epoca in cui è stata realizzata. E Miller non manca di stupire mentre la vicenda procede, fino a una serie di sconvolgenti rivelazioni finali, che non mancheranno di sorprendere il lettore. Un fumetto particolare, di genere ibrido, fatto di azione ma anche di riflessione, alternando scene di combattimento e momenti più tranquilli con dialoghi di ottima fattura. Il mondo futuro descritto in Ronin non è originalissimo, ma la sua rappresentazione grafica è notevolissima e, in fondo, è la vicenda che prende il sopravvento sull'ambientazione. Davvero grandioso.
Insomma un'opera davvero valida di Frank Miller, autore di cui personalmente prediligo la produzione supereroica anni '80, il cui apice è rappresentato da Il ritorno del Cavaliere Oscuro e dalla struggente Rinascita di Devil, disegnata da David Mazzucchelli (come anche Batman: Anno uno, altra miniserie fondamentale). Il Miller di queste saghe è duro e disincantato, ma nelle storie si nota ancora un gusto epico e una profondità narrativa e psicologica notevole, mentre devo ammettere di non aver gradito così tanto il cinismo puro e la violenza gratuita di Sin City. In ogni caso Ronin è un altro capolavoro milleriano del periodo "classico", che consiglio a chiunque ami il fumetto d'azione, la fantascienza e le storie di samurai. E si parla anche, sulla scia del successo delle opere di Miller a Hollywood, di un futuro film di Ronin...

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